Secondo le stime Wine Monitor, 5 degli 8 principali mercati mondiali chiuderanno il 2016 con import di vino in calo. Le incognite Brexit e Trumppesano sul 2017 e rilanciano l’importanza degli accordi di libero scambio per l’export di vino italiano.
Dopo un 2015 in cui l’import mondiale di vino è cresciuto a valore di oltre il 10% (grazie anche al rafforzamento del dollaro che ha permesso ai produttori europei di essere più competitivi e di godere di plusvalenze nei cambi), le stime Wine Monitor sugli acquisti di vino dei primi 8 mercati
che fanno quasi i 2/3 dell’import mondiale non sembrano restituire valori altrettanto positivi. Guardando ai nostri principali mercati di
sbocco, gli Stati Uniti dovrebbero chiudere l’anno con un incremento inferiore al 2% rispetto al 2015, il Regno Unito al contrario importerà meno vino (-9%) così come la Germania (- 4%), mentre il Giappone chiuderà con una crescita vicina al 3% esolamente la Cina continuerà a correre a
ritmi sostenuti (quasi +20%).
“In uno scenario di mercato contraddistinto da più ombre che luci, anche i vini italiani risentono di queste incertezze e battute d’arresto dove i cali sono in larga parte generalizzati e risparmiano pochi grandi esportatori” dichiara Denis Pantini, responsabile Wine Monitor di Nomisma.
Queste valutazioni partono necessariamente dagli ultimi dati disponibili in tema di commercio internazionale (settembre),dai quali si evince una preoccupante diminuzione delle importazioni di vini fermi imbottigliati – che rappresentano oltre il 70% degli scambi mondiali della categoria
– in quasi tutti i principali mercati considerati, con cali superiori al 10% nel caso del Regno Unito. Continuano invece a crescere le importazioni di sparkling, con i nostri vini (Prosecco in primis) che la fanno da padrone, mettendo a segno aumenti del 30% sia negli USA che in UK, a fronte di medie di mercato nettamente inferiori (nel Regno Unito, mentre l’import di spumanti dall’Italia cresce del 31%, quello totale non arriva al +1%
anche a causa di un arretramento dei francesi dell’11% che però pesano ancora per il 53% sull’import della categoria).
Fonte Wine Monitor – per approfondimenti cliccate qui.
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